Questo breve articolo ha lo scopo di fissare quali sono le regole per relazionarsi con una persona sorda.
Come ben sappiamo, all’interno di una conversazione, le persone sorde leggono le parole decifrando i movimenti delle labbra di chi sta parlando. Possiamo dire che ascoltano “con l’occhio” ed imparano la struttura della lingua verbale attraverso la vista. Perciò se le labbra non sono pienamente visibili rischiamo di rendere difficile la decodifica delle parole, e quindi riuscire a compromettere il senso del discorso.
La distanza ottimale per una conversazione è di circa 1,50 metri. Quando si parla è consigliabile tenere ferma la testa e non oscillare molto con il corpo, altrimenti il sordo non potrà tenere lo sguardo fisso sulle vostre labbra, quindi sarebbe bene non parlare mentre si sta camminando, o quando comunque ci si sta muovendo.
In un dialogo le frasi devono essere brevi, le parole devono essere semplici e i concetti molto chiari. Non bisogna parlare in modo veloce, ma ad una velocità che permetta la labiolettura; se la persona sorda non ha capito o non è riuscita a decifrare le parole in modo corretto possiamo ripetere il messaggio, magari utilizzando parole semplici perché non tutti i suoni dell’alfabeto sono visibili sulle labbra.
È importante, prima di comunicare qualsiasi cosa, accertarsi che la persona sorda sia attenta. Occorre prima richiamare la sua attenzione in modo educato (es. toccando il braccio in modo delicato, accendendo o spegnendo la luce, scuotendo le mani).
Se il sordo porta la protesi acustica, si può provare a chiamarlo a voce ma senza alzare eccessivamente il tono. Dal momento che una conversazione impiega per lui una particolare concentrazione, è necessario fare di tanto in tanto qualche pausa.
Se dovessero insorgere problemi di comunicazione, e quindi il sordo non dovesse decodificare perfettamente le parole, si consiglia di scrivere la parola su un foglio a stampatello per assicurarsi appunto che sia chiaramente leggibile.
Le persone sorde sono molto attente, avvertono con straordinaria capacità ciò che non riescono a sentire: non hanno mai sentito la propria voce (o non la sentono da molto tempo), parlano spesso senza modulazione e con un tono insolito, gutturale. A volte è difficilissimo da capire. Molti sordi hanno un vocabolario d’italiano carente, non conoscono il significato di alcune parole o strutture linguistiche complesse, per questo motivo utilizzano un italiano molto approssimativo nelle loro produzioni scritte. Ciò, però, non significa ignoranza o mancanza di cultura, ma dipende dal fatto che per i sordi la lingua parlata e scritta non è stata acquisita in modo naturale come avviene appunto per gli udenti, ma bensì come una lingua straniera (una seconda lingua).[1]
Dopo aver elencato consigli utili per comunicare con le persone sorde, è giusto precisare che questi sono consigli standard da utilizzare, ma non dobbiamo considerare tutti i sordi allo stesso modo, proprio come gli udenti non sono tutti uguali, e quindi dobbiamo prima adeguarci alla persona che ci sta di fronte, rispettando quindi anche le sue esigenze.
Il mondo dei sordi non è di facile accesso, a volte non basta conoscere solo la LdS per poter comunicare.
Può essere facile sbagliare approccio con una persona sorda, proprio perché ignoriamo il suo modo di vivere, le sue necessità e tutti i piccoli accorgimenti che sono fondamentali per un’adeguata comunicazione.
Conoscere il mondo dei sordi significa aprire la mente ad un’idea tutta nuova, stupirsi della bellezza e della complessità della loro comunicazione, riducendo sempre di più le barriere comunicative, per arrivare a comprendere “la normalità” comunicativa; come sottolinea lo psicologo russo LevVygotskij, per un bambino sordo la sordità rappresenta la normalità, e non una condizione di malattia: “Egli avverte l’handicap solo indirettamente o secondariamente, come risultato delle sue esperienze sociali”.[2]
Serena La Torre
[1] SPAGNOLO.V, Studio sul LIS – Linguaggio Italiano dei segni, PSYCOPENIA, Anno XVII N.30/2014.
[2] L. VYGOTSKIJ, Immaginazione e creatività nell’età infantile,Edit. Riuniti, Roma, 2001.
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